lunedì 21 marzo 2011
Non fingiamo. Siamo tristi
Ultimamente vedo da tutte le parti dei manifesti che mi lasciano perplesso. Li riconoscete subito, perchè c'è stampato sopra un signore di mezza (mezza?) età, in maniche di camicia e con la cravatta lunga, un'abbondante e lucida pelata e una scritta incomprensibile a fianco: "oltre la crisi c'è il coraggio delle imprese".
Mi hanno detto che è la nuova campagna del Partito Democratico. Una campagna micidiale, addirittura peggiore delle precedenti, di cui però ribadisce il solo e unico scopo: farci perdere di nuovo. Con sprezzo del ridicolo la pubblico qui sopra. Noterete subito che non c'è il nome di Pierluigi Bersani in quel manifesto. Al contrario c'è una sua fotografia non proprio invitante in un poetico bianco e nero. L'uomo della strada può benissimo non sapere chi sia quell'uomo, nè cosa ha fatto, nè cosa rappresenta: non è un corpo mediale come Berlusconi, è un signore anonimo ritratto in maniera anonima. Lo slogan poi è un qualcosa che sfonda il limite dell'indigeribile. Anzi, per far meglio presa sulla memoria degli astanti ci sono due parole difficilissime come come "crisi" e "imprese". Non sono parole: sono matrioske di significati, addirittura più metafisiche del "ma anche" veltroniano. "Impresa" poi non appartiene nemmeno al vocabolario della sinistra (ma a riguardo va detto che "crisi" è proprio perfetta). In grande stile giganteggia invece il chiodo, la nuova parola d'ordine: "oltre". Quando si tratta di scegliere una parola che lo rappresenti, il PD non sceglie un sostantivo. Sceglie un avverbio, in assoluto la forma grammaticale più fumosa dell'armamentario linguistico. E' dalle elementari che ci insegnano che gli avverbi da soli non possono stare, che a una domanda non si può rispondere "assolutamente": "assolutamente sì" o "assolutamente no"? Dal momento che non c'è limite al peggio, "oltre" è scritto in azzurrino verdognolo, colore notevolmente invitante oltre che tendente a quello del diretto concorrente: l'azzurro Berlusconi.
Ma vi sembra possibile che il secondo partito italiano non abbia ancora assimilato le regole di base della comunicazione poltica? Per fortuna i due creativi che hanno inventato cotale manufatto hanno rilasciato questa intervista per spiegare cosa volevano dire con quei manifesti. Certo, il fatto che debbano spiegarsi con un'intervista la dice lunga sulla loro capacità di comunicare tramite la cartellonistica. La lettura è esilarante, potremmo titolarla: come perdere un'elezione. Credo che il culmine sia questa risposta: "Avrei usato un bel rosso pieno. Non ho potuto [perchè] è troppo caratterizzato a sinistra. Schiacciava l’anima post-democristiana". Non male per essere la campagna elettorale della sinistra.
Auguri se vorrete leggere il resto. E buon divertimento.
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